FAQ benessere intestinale
Di seguito puoi trovare
le risposte alle domande più frequenti sul benessere intestinale
e i più comuni disturbi intestinali. Per approfondire, visita la pagina dedicata alla stipsi e disturbi correlati.
Sì, sono sinonimi. Per stipsi (o stitichezza) s’intende la difficoltà o l’infrequenza dell’evacuazione, feci dure o la sensazione che l’intestino non sia completamente svuotato anche dopo aver evacuato. Si parla di stitichezza quando si ha un numero di evacuazioni inferiore alle 3 a settimana. È un disturbo molto comune, colpisce circa il 15-20% della popolazione nei paesi occidentali e possono soffrirne sia adulti che bambini. Tuttavia, ne soffrono maggiormente le donne e gli anziani.
Le principali cause di stipsi sono di origine alimentare. Pertanto, la prima cosa da fare è apportare qualche modifica alla dieta, aumentando la quantità di fibre e liquidi che assumiamo, inserendo frutta e verdura in ogni pasto ed alimenti che aiutano la microflora intestinale, come lo yogurt. Altrettanto importante è fare un po’ di movimento: l’attività fisica stimola la digestione e riduce lo stress. Per combattere la stitichezza è fondamentale ritagliarsi il tempo per una routine regolare in bagno e non ignorare lo stimolo per mancanza di tempo. Se nonostante questi interventi il problema della stipsi non si allevia, è possibile ricorrere all’uso di un lassativo: clicca qui per saperne di più sulle diverse tipologie di lassativi.
Tra gli alimenti consigliati: tanta verdura, sia cruda che cotta, almeno una porzione in ogni pasto. Da preferire carciofi, melanzane, zucchine, spinaci, broccoli, cavolfiori e fagiolini. Per riuscire ad incrementarne le quantità consumate, è possibile consumare minestroni, vellutate, creme, passati o centrifughe. Via libera anche alla frutta, preferibilmente kiwi, prugne, albicocche, fichi e pere. La frutta andrebbe consumata con la buccia oppure cotta. Da non dimenticare i cereali (meglio integrali) e i legumi, anche passati o centrifugati. In ultimo, semaforo verde per l’olio extravergine di oliva (rigorosamente a crudo!), yogurt e cibi fermentati, ricchi di probiotici, e almeno 1,5-2 litri d’acqua al giorno. Clicca qui per scoprire le ricette amiche del benessere intestinale.
La stipsi può essere acuta (occasionale) oppure cronica. Quella acuta compare all’improvviso in maniera riconoscibile e si risolve nel giro di qualche giorno, mentre la stipsi cronica può insorgere gradualmente e persistere per mesi o addirittura anni. La stipsi cronica è tipica dei meno giovani, in quanto con l’età possono sopraggiungere diversi fattori, sia fisiologici che derivanti dall’assunzione di farmaci per altre patologie, che favoriscono l’insorgere della stitichezza. In caso di stipsi, è importante non scoraggiarsi e perseverare nei cambiamenti di regime alimentare e di esercizio fisico; sono sempre questi i primi approcci da attuare. Se non dovessero riscontrarsi miglioramenti, è opportuno consultare il medico prima di passare ad un approccio farmacologico.
La stipsi o stitichezza è un disturbo molto frequente in gravidanza, può iniziare già dai primi mesi e generalmente si intensifica durante il terzo trimestre. Le cause sono in parte meccaniche, a causa della pressione esercitata dall’utero sulle anse intestinali, e in parte endocrine, in quanto gli elevati livelli di progesterone comportano delle modifiche sulla motilità intestinale. Come agire in questo periodo così delicato? Innanzitutto, iniziare ad assumere almeno due litri d’acqua al giorno ed integrare nella dieta due-tre porzioni giornaliere di verdura e altrettante di frutta. Se il disturbo persiste, è possibile considerare la terapia farmacologica: leggi la prossima domanda per saperne di più.
Se si è tentato di alleviare il disturbo della stitichezza con i liquidi e le modifiche alla dieta ma senza successo, è possibile considerare la terapia farmacologica con i lassativi. Quando si valuta l’opportunità di assumere farmaci in questo periodo così delicato, è opportuno seguire l’approccio del rapporto rischio-beneficio, ovvero partire dalle sostanze che presentano il minor rischio per la massima efficacia e fare sempre riferimento al parere del medico.
Ricorrere all’uso di lassativi per perdere peso, oltre che completamente inefficace, rischia di essere pericoloso. Il peso in eccesso è infatti dovuto all’accumulo di massa grassa sotto forma di adipe, conseguenza di un surplus calorico prolungato nel tempo. Com’è immediato intuire, intervenire sul transito intestinale non può in alcun modo andare ad intaccare questa massa, il cui eccesso può essere invece efficacemente contrastato con un regime ipocalorico bilanciato ed un’adeguata attività fisica. La perdita di peso che si può notare in seguito all’uso dei lassativi non deve trarre in inganno: si tratta principalmente di liquidi, che vengono subito reintegrati. Abusare di lassativi per lungo tempo può inoltre portare a carenze nutrizionali e squilibri elettrolitici, oltre ad un “impigrimento” dell’intestino.
Se il gonfiore addominale è di tipo funzionale, ovvero non deriva da specifiche anomalie o patologie (come la sindrome dell’intestino irritabile), la prima area d’intervento è lo stile di vita. Per stile di vita s’intende la quantità di esercizio fisico ma soprattutto il tipo di alimentazione, composto dalla tipologia di alimenti scelti, dal numero di pasti durante la giornata e dall’apporto idrico. Diversi studi hanno dimostrato che, soprattutto in associazione ad una corretta dieta, l’esercizio fisico apporta beneficio sul gonfiore addominale, favorendo un’adeguata clearance dei gas intestinali. Per saperne di più sui cibi che provocano gonfiore addominale, vai alla domanda successiva.
Recenti studi hanno definito e identificato un gruppo di carboidrati a catena corta scarsamente assorbibili dall’intestino, i FODMAPs. Questi composti vengono fermentati dalla flora batterica a livello del colon, producendo gas come metano, anidride carbonica e idrogeno. Dunque, a diete ad alto contenuto di FODMAPs si associa una maggiore produzione di gas intestinali. Sfortunatamente, i FODMAPs sono presenti in moltissimi cibi, tra cui: cipolla, aglio, cavoli e broccoli, carciofi, asparagi, funghi, pomodori, legumi, frumento e derivati, latte vaccino e formaggi freschi e tutte le carni lavorate. È possibile valutare l’opportunità di escludere uno o più di questi cibi dalla dieta per ridurre il gonfiore addominale, ma per non incorrere in carenze nutrizionali è importante che sia lo specialista in dietologia a suggerire il regime alimentare più adatto al singolo paziente da seguire per un periodo di tempo limitato (in genere non superiore alle 6-8 settimane).
La sindrome dell’intestino irritabile, anche detta del colon irritabile, è un disturbo dell’apparato digerente che provoca dolore addominale ricorrente, meteorismo e/o stipsi e diarrea. È un disturbo molto comune e colpisce circa il 10-15% della popolazione. È un disturbo funzionale, ovvero, nonostante siano presenti alterazioni del normale funzionamento dell’organismo, non sono presenti alterazioni funzionali. La diagnosi si basa dunque sulla sintomatologia. Le cause della sindrome dell’intestino irritabile possono essere molteplici e tra loro correlate: alcune persone hanno un tratto digerente molto sensibile agli stimoli, ad esempio alla presenza di gas; altre volte la causa è la dieta, ricca in grassi e/o FODMAPs, altre volte ancora le cause sono fattori emotivi come stress, ansia o depressione. La soluzione, a seconda dei casi, può prevedere l’eliminazione di alcuni dei cibi elencati, l’introduzione di maggiori fibre e liquidi e talvolta farmaci e/o integratori, come lassativi, anticolinergici, antidiarroici e probiotici.
Per Flora intestinale alterata s’intende un’alterazione dell’equilibrio fra i microrganismi che compongono la microflora intestinale (microbiota), un ecosistema batterico molto complesso che vive all’interno del nostro intestino e svolge un ruolo primario per la salute. Lo squilibrio può assumere diverse forme: eccesso di batteri potenzialmente patogeni, perdita di batteri “buoni” e riduzione della diversità fra le specie. Le conseguenze di uno squilibrio del microbiota si riflettono essenzialmente sulla funzionalità digestiva, ma possono anche manifestarsi in un abbassamento delle difese immunitarie e disturbi dell’umore. Per mantenere o ripristinare l’eubiosi, ovvero la condizione ottimale di equilibrio della microflora intestinale, è importante curare l’alimentazione, assicurando ai microrganismi un corretto nutrimento attraverso fibre e alimenti fermentati come yogurt e formaggi, non abusare di farmaci (soprattutto antibiotici) e, se necessario, ricorrere all’integrazione di prebiotici e probiotici.
I termini “fermenti lattici” e “probiotici” sono usati nel linguaggio comune come sinonimi, tuttavia non è proprio così: i fermenti lattici sono quei batteri in grado di fermentare gli zuccheri e produrre acido lattico. I probiotici, secondo la definizione dell’OMS, sono microrganismi vivi e attivi in grado di colonizzare l’intestino e apportarvi beneficio favorendo l’equilibrio della flora intestinale, se introdotti nella quantità adeguata. Un fermento lattico potrebbe dunque anche non essere un probiotico, avendo sì espletato la sua funzione di produrre acido lattico ma senza essere attivo a livello intestinale e, parimenti, un microrganismo probiotico non è necessariamente un fermento lattico.
Un probiotico, a patto che contenga la quantità di microrganismi necessaria a colonizzare temporaneamente l’intestino (che l’autorità stabilisce debba essere almeno 1 miliardo) può essere d’aiuto in molte situazioni: disturbi gastrointestinali di vario tipo come diarrea acuta e cronica, gastrite, colon irritabile e colite ulcerosa. Altri casi in cui può portare beneficio sono la diarrea del viaggiatore oppure in seguito a terapia antibiotica. In caso di stipsi, è importare associare al probiotico un prebiotico, ovvero una sostanza (in genere fibra solubile oppure sostanze non assorbibili dall’intestino) che può favorire la sopravvivenza del probiotico.
Un simbiotico è un prodotto in cui probiotici e prebiotici si trovano in combinazione. I probiotici sono microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguate attraverso un alimento o un integratore, conferiscono benefici all’ospite. I prebiotici invece sono quegli ingredienti alimentari (fibra solubile, inulina, FOS e altri) in grado di stimolare selettivamente la crescita e lo sviluppo dei batteri commensali, ovvero quelli “buoni”. Nei simbiotici quindi i batteri vivi vengono somministrati insieme ai loro specifici substrati per la crescita e la loro combinazione migliora la sopravvivenza del probiotico.