Negli ultimi anni, termini come “probiotici” e “prebiotici” sono ormai entrati nel linguaggio comune, anche se non sempre i “non addetti ai lavori” sanno indicare con precisione di che cosa si tratta e quali proprietà hanno i prodotti in commercio, reperibili in farmacia, parafarmacia, grande e piccola distribuzione.

Ancora decisamente poco noti per caratteristiche, peculiarità e vantaggi che potrebbero apportare alla salute umana o animale sono, invece, i cosiddetti “postbiotici”, un gruppo potenzialmente molto esteso e non ancora ben definito di formulazioni, che sta suscitando grande interesse per le possibili applicazioni in ambito nutrizionale e clinico. Vediamo di che cosa si tratta.

Probiotici, prebiotici: qualche definizione

Prima di focalizzarsi sui postbiotici, è bene ricordare a che cosa ci si riferisce quando si parla di probiotici e prebiotici.

Come stabilito dalla FAO/WHO (Food and Agriculture Organization of the United Nations/World Health Organisation) già nel 2002 e recepito dal Ministero della Salute italiano nel 2005 (con i successivi aggiornamenti), i probiotici sono “microrganismi vivi che, quando assunti in quantità adeguate, sono in grado di conferire un beneficio di salute all’ospite”.
In generale, questo “beneficio di salute” è rappresentato dalla capacità condivisa da tutti i probiotici di favorire l’equilibrio del microbiota intestinale, ovvero l’insieme di microrganismi che popola la sua mucosa, colonizzando temporaneamente l’intestino (in particolare, il colon) e/o creando un ambiente favorevole alla proliferazione della flora batterica endogena “sana” che vi risiede stabilmente, a scapito di microrganismi intestinali dannosi e agenti patogeni.

Tra i microrganismi probiotici più usati ci sono moltissimi ceppi di lattobacilli e bifidobatteri (i cosiddetti “fermenti lattici”, non tanto perché presenti nel latte, ma perché la loro attività metabolica porta alla produzione di acido lattico) come, per esempio, Lactobacillus acidophilus, L. reuteri, L. casei, L. rhamnosus, L. paracasei, Bifidobacterium breve, B. lactis e B. longum ecc., cui si aggiungono Bacillus clausii, B. cereus, Escherichia coli Nissle 1917, Enterococcus faecium e lieviti come Saccharomyces boulardii, S. cerevisiae.

I prebiotici comprendono, invece, un ampio gruppo di sostanze di origine vegetale o prodotte in laboratorio, non digeribili dall’uomo, ma in grado di supportare la crescita del microbiota intestinale sano quando assunte per bocca, contribuendo a migliorarne l’equilibrio.
Esempi di prebiotici sono i frutto-oligosaccaridi (FOS), i galatto-oligosaccaridi (GOS), l’inulina, il lattulosio, lo psyllium e altre fibre vegetali (comprese quelle naturalmente presenti in frutta, verdura e cereali integrali assunti con la dieta).

Quando in un unico prodotto sono presenti sia microrganismi probiotici sia prebiotici si parla di simbiotici. Più nello specifico, si può usare questo termine per riferirsi a “miscele comprendenti uno o più microrganismi probiotici e uno o più substrati prebiotici selettivamente usati dal microbiota dell’ospite, in grado di conferire un beneficio di salute a chi li assume”.

Negli ultimi due decenni è stata ormai chiaramente dimostrata l’importanza del microbiota intestinale, del suo equilibrio e del suo perfetto funzionamento a supporto della salute e del benessere dell’intero organismo, ossia non soltanto a livello gastroenterico, ma di tutti gli organi e gli apparati del corpo umano, cervello compreso, nonché del sistema immunitario. Sono stati infatti osservati stati di disbiosi, ovvero di alterazioni della sua composizione, in pazienti con diagnosi di diverse patologie, come per esempio le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, Inflammatory Bowel Disease), la sindrome dell’intestino irritabile (IBS, Irritable Bowel Syndrome), il diabete, ecc.

Il medico può consigliare l’assunzione di probiotici e prebiotici per ristabilire l’equilibrio del microbiota intestinale in diverse fasi della vita, non solo in età adulta, ma anche nei bambini o nelle donne in gravidanza.

Quali ulteriori benefici possono aggiungere i postbiotici in questo panorama? E perché si stanno indagando queste nuove formulazioni?

Che cosa sono i postbiotici

Secondo la definizione dell’International Scientific Association of Probiotics and Prebiotics (ISAPP), un “postbiotico” è un preparato comprendente microrganismi “inanimati”, frammenti delle loro cellule o molecole (proteine, grassi, carboidrati, ecc.) in grado di conferire un beneficio all’ospite, quando assunti per bocca o applicati sulla cute o sulle mucose.

Questa definizione prevede che i microrganismi utilizzati per la produzione di un postbiotico debbano essere sottoposti a un passaggio di inattivazione preliminare, che sostanzialmente li uccide (rendendoli appunto “inanimati”), lasciandoli integri o disgregandoli, attraverso diversi tipi di trattamento (pastorizzazione, ultrasonicazione, disidratazione, esposizione a radiazioni, alta pressione, campi elettromagnetici o luce pulsata, ecc.).
Al contrario, non è richiesto che i batteri o i lieviti di partenza rientrino nella categoria dei probiotici: ciò estende molto il ventaglio di microrganismi utilizzabili.
L’unica garanzia che un produttore di postbiotici deve obbligatoriamente fornire è che i microrganismi inseriti nella formulazione siano sicuri per la salute.

Le caratteristiche richieste a un postbiotico

L’estensione del ventaglio dei microrganismi utilizzabili nei postbiotici e la richiesta della loro “inattivazione” preliminare dipendono dal fatto che il “beneficio di salute per l’ospite” derivante da questi preparati non dipende da specifiche funzioni svolte dal batterio o dal lievito “vivo e vitale”, ma dalla semplice presenza di determinati costituenti e molecole dei microrganismi iniziali, che sono comunque in grado di interagire e influenzare in qualche modo la flora batterica dell’ospite o l’equilibrio delle mucose (intestinale, respiratoria, vaginale, urinaria, ecc.).

D’altro canto, in un postbiotico devono essere inseriti batteri o lieviti precisamente caratterizzati dal punto di vista molecolare e identificabili senza incertezze (proprio come richiesto per i probiotici). Inoltre, la procedura di inattivazione deve essere descritta nei dettagli e devono essere fornite prove dell’avvenuta “uccisione” della stragrande maggioranza (se non della totalità) dei batteri o lieviti inizialmente selezionati. Per finire, la composizione della formulazione postbiotica deve essere studiata e caratterizzata.

Benché la definizione di postbiotico sia relativamente recente, formulazioni che soddisfano le caratteristiche richieste sono usate da tempo sia in Europa sia in altre parti del mondo. Un esempio è rappresentato da prodotti immunostimolanti di lisati batterici, autorizzate dall’EMA e utilizzate per la stimolazione delle difese immunitarie e la prevenzione delle infezioni respiratorie in soggetti ad alto rischio di episodi ricorrenti.

Secondo la definizione della ISAPP non rientrerebbero nella categoria dei postbiotici i preparati contenenti esclusivamente uno o più composti prodotti dal metabolismo microbico in forma altamente purificata, come formulazioni a base di sole vitamine, proteine, peptidi, carboidrati, lipidi, acidi grassi a catena corta (SCFA, Short Chain Fatty Acids), senza i microrganismi di partenza che li hanno prodotti o liberati dalle cellule.

Le possibili applicazioni in fase di studio

Come probiotici e prebiotici, anche i postbiotici possono utilizzati per supportare la salute e il benessere sia dell’uomo sia degli animali. Nel primo caso, possono essere proposti per esempio come:

  • alimenti funzionali (latte fermentato, yogurt, ecc.);
  • preparati (capsule, bustine da bere o granulato da sciogliere in acqua) da assumere per bocca;
  • creme e gel per cute di viso o corpo e mucose;
  • ovuli vaginali.

Nel secondo possono essere aggiunti ai mangimi o somministrati come integratori naturali dell’alimentazione animale.

A oggi, l’esperienza d’uso dei postbiotici è abbastanza limitata, ma i risultati degli studi condotti finora nell’uomo, in età pediatrica e adulta, sono incoraggianti.
Per esempio, negli adulti diversi postbiotici a base di batteri lattici inattivati somministrati per bocca hanno dimostrato un’efficacia nella cura di infezioni da Helicobacter pylori (batterio responsabile di molti casi di ulcera gastrica), nella riduzione dei disturbi addominali in pazienti affetti da IBS e nella diarrea cronica di natura indeterminata, oltre che nell’attenuazione degli effetti negativi dello stress.

Un microrganismo potenzialmente utile come postbiotico dopo inattivazione termica sembra essere anche Mycobacterium vaccae, ritenuto particolarmente interessante per la sua attività immunoregolatoria e contro le infiammazioni, evidenziata a livello del sistema nervoso centrale. Lisati di L. rhamnosus sono, invece, in fase di studio per possibili applicazioni topiche a livello cutaneo.
In età pediatrica, i postbiotici sono stati usati principalmente nel contesto di formule lattee per l’infanzia arricchite di microrganismi fermentanti inattivati.

Per poter sviluppare nuovi postbiotici ed estenderne gli ambiti di applicazione (a supporto della nutrizione, contro l’obesità, per il controllo della glicemia, per il trattamento di patologie specifiche, ecc.), oltre a intraprendere studi clinici mirati, si dovrà cercare di definire meglio i meccanismi di interazione dei diversi componenti e metaboliti dei microrganismi inattivati con il microbiota endogeno, i recettori presenti nella mucosa intestinale e la barriera epiteliale, il sistema immunitario e la loro capacità di influenzare diverse funzioni locali e a distanza (di tipo metabolico o a livello del sistema nervoso centrale).

Fonti

  • Salminen S., et al. The International Scientific Association of Probiotics and Prebiotics (ISAPP) consensus statement on the definition and scope of postbiotics. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2021;18(9):649-667.
  • Vinderola G., et al. Postbiotics: The concept and their use in healthy populations. Front Nutr 2022; 9:1002213
  • Sudheer S., et al. Shaping the gut microbiota by bioactive phytochemicals: An emerging approach for the prevention and treatment of human diseases. Biochimie 2022; 193:38-63
  • Joint FAO/WHO Working Group Report on Drafting Guidelines for the Evaluation of Probiotics in Food, London (Ontario, Canada), April 30 and May 1, 2002
  • Ministero della Salute. Linee Guida Probiotici e Prebiotici, 2005. Revisione Marzo 2018
  • EFSA Panel on Biological Hazards (BIOHAZ). Update of the list of qualified presumption of safety QPS recommended microorganisms. EFSA Journal 2023; 21(1): 7747
  • Wang Y, et al. Probiotics and Prebiotics as Dietary Supplements for the Adjunctive Treatment of Type 2 Diabetes. Polish Journal of Microbiology 2023; 72(1): 3-9